Approfondimento

Prevenire è meglio che curare: uno strumento predittivo per la salute mentale degli universitari

Pubblicato il

02 settembre 2025

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L’università rappresenta un momento cruciale nella vita dei giovani adulti: è un periodo di crescita, scoperta e cambiamento. Tuttavia, è anche una fase di vulnerabilità emotiva. Per questo un recente studio ha cercato di prevedere i fattori di rischio, in modo tale da poter prevenire l’insorgere di problemi di salute mentale.

Le opportunità e le difficoltà dell’Adultità Emergente

Nel 2000 lo psicologo Jeffrey Arnett pubblicò l’articolo “Emerging adulthood: A theory of development from the late teens through the twenties” sulla rivista American Psychologist. In questo lavoro, Arnett coniò il termine Adultità Emergente, una fase intermedia tra adolescenza ed età adulta, coincidente con i vent’anni di una persona.

La ricerca ha individuato cinque tratti caratteristici di questa fase della vita: si tratta di un periodo contraddistinto da ricerca della propria identità, dove gli individui si sganciano dalla famiglia e cercano di comprendere il loro posto nel mondo.

Proprio per questo un secondo aspetto è quello legato all’instabilità. Mentre cercano il loro posto nel mondo, tra tentativi ed errori, uno dei sentimenti prevalenti è proprio quello di un equilibrio perennemente precario.

Non sorprende quindi che la terza caratteristica sia quella del focus su se stessi, cercando di acquisire nuove competenze, lavorare su se stessi senza avere le responsabilità di provvedere ad altre persone come quando si è, ad esempio, in una famiglia.

Ma questa età è contraddistinta anche da un sentimento di incompletezza: gli adulti emergenti non sono propriamente adolescenti - quindi dipendenti dai genitori quasi interamente - né adulti realizzati e autosufficienti.

Da questa incompletezza, conclude Arnett, nasce quel carattere possibilistico associato all’età: si tratta di persone che hanno elevate aspettative. La stragrande maggioranza delle persone che ricadono in questa categoria si sente sicura che un giorno arriverà a coronare i propri sogni nella vita. Secondo gli studiosi questo possibilismo deriva dal fatto che non hanno ancora dovuto confrontarsi con i vincoli della realtà e testare le proprie aspettative rispetto alle esperienze della vita.

Questa età porta con sé anche altre condizioni. Spesso le persone che si trovano in questa età si trovano a vivere una vita diversa da quella che vivevano da adolescenti, lontani da casa, con nuovi gruppi sociali da formare e a cui conformarsi.

Non a caso, la ricerca ha individuato proprio in questa delicata fase della vita delle persone un terreno fertile per i disturbi di salute mentale: questi infatti si manifestano solitamente prima del compimento dei 25 anni. L’università e l’accademia possono quindi funzionare da amplificatore di questi problemi. Secondo vari studi, l’incidenza di problemi psicologici in studenti universitari è stimata al 33,6 per cento.

Una condizione di questo tipo non ha solo effetti individuali - come compromettere il percorso accademico: proprio perché l’università e la formazione giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del capitale umano, i problemi di salute mentale hanno anche degli impatti economici.

Proprio per questo motivo, uno studio pubblicato nel Journal of Affective Disorders da un gruppo di ricercatori cinesi dell’Università Medica di Anhui ha cercato di fare luce su questo fenomeno. Il risultato della ricerca è stato un modello statistico che permette, in anticipo, di individuare i tratti che rendono gli individui più suscettibili a tali problemi e intervenire tempestivamente.

Disegno dello studio

Tra novembre e dicembre 2021, oltre 7700 studenti universitari al primo anno sono stati coinvolti in uno studio per valutare sintomi di disagio mentale e la presenza di eventi stressanti recenti o dell'infanzia, attraverso un questionario online anonimo. Pur registrando i numeri identificativi universitari per un monitoraggio nel tempo, tutte le risposte sono state anonimizzate per garantire la riservatezza. Sei mesi dopo, tra maggio e giugno 2022, sono stati raccolti nuovi dati sui sintomi depressivi. Dopo aver escluso chi assumeva farmaci psichiatrici, chi non aveva partecipato al follow-up e i 696 studenti che già mostravano sintomi depressivi all’inizio, l’analisi finale ha incluso 6772 studenti.

Attraverso un questionario - e supportati da lavori teorici sul tema - i ricercatori hanno raccolto vari dati che influenzano la salute mentale degli individui. In particolare, gli aspetti indagati attraverso il questionario riguardano: 

  1. Le Esperienze Sfavorevoli Infantili (ACEs) includono abusi, disfunzioni familiari e violenza subita o assistita durante l’infanzia. Questo studio ha valutato le ACEs esaminando diverse forme di maltrattamento (fisico, emotivo, sessuale, trascuratezza) e contesti problematici (famiglia, coetanei, comunità). Le risposte, su scale a 5 punti o con opzioni sì/no, permettevano di classificare l’esposizione a ciascun tipo di esperienza;
  2. Al contrario, i ricercatori hanno anche tenuto conto delle esperienze favorevoli infantili; 
  3. Gli eventi Stressanti, che sono stati invece valutati con l’Adolescent Self-rating Life Events Check List (ASLEC)Questo prende in considerazione aspetti come relazioni interpersonali, stress accademico, punizioni, adattamento a fattori di salute, perdita; 
  4. Il supporto sociale, che è stato invece valutato con la Social Support Rating Scale, sviluppata negli anni ’90. Questo permette di valutare il supporto sociale soggettivo (riguardante come si sente la persona), quello oggettivo (il contesto sociale oggettivo in cui è inserita), l’utilizzo delle risorse sociali; 
  5. I sintomi depressivi che sono stati valutati servendosi del PHQ-9, con una soglia di 9 punti come criterio di rischio. 

Per completare l’analisi i ricercatori hanno tenuto conto di altre variabili di tipo sociodemografico.

Analisi Statistica e Fattori Determinanti

Per quanto concerne l’analisi dei dati, i ricercatori hanno in primo luogo fornito un’esplorazione delle variabili chiave. Successivamente hanno utilizzato un algoritmo tra i più innovativi nel campo dell’apprendimento automatico/statistico per discernere quali fossero i fattori più importanti per l’analisi. Infine, dopo averli individuati, si sono serviti di un algoritmo consolidato per la classificazione: la regressione logistica. Questo metodo permette, a partire da un insieme di caratteristiche e di una variabile di tipo categoriale, di classificare i singoli individui in una delle classi.

Che cosa ha rivelato quindi l’analisi statistica svolta dagli autori?

Tra i fattori presi in considerazione nel modello predittivo finale, sette si sono rivelati particolarmente significativi: due esperienze infantili avverse (abuso emotivo e violenza tra pari), due eventi di vita stressanti recenti (stress accademico e difficoltà di adattamento alla salute), e tre elementi protettivi (esperienze positive durante l’infanzia, utilizzo del supporto sociale e – in modo inaspettato – la punizione). In particolare, gli studenti che avevano subito abusi emotivi o bullismo in età infantile avevano una probabilità del 39 per cento più alta di sviluppare sintomi depressivi. Lo stress legato agli studi e ai cambiamenti fisici, di abitudini e di routine nel nuovo ambiente universitario aumenta anch’esso il rischio, proprio come sottolineato dalla teoria dell’Adultità Emergente. Al contrario, aver vissuto esperienze affettive e ambienti positivi da bambini e saper attivare le proprie reti di supporto, riduce significativamente la probabilità di sviluppare sintomi depressivi. Di più difficile interpretazione il risultato riguardante la punizione, che sembra associarsi a una riduzione, seppur minima, del rischio di sviluppare problemi di salute mentale.

Questi risultati sono stati poi inseriti in un nomogramma, uno strumento visivo che permette di evidenziare i fattori e il loro impatto in maniera più intuitiva. Come sottolineano gli autori, questo può rivelarsi utile per prevedere, sulla base dei dati, gli studenti e le studentesse più esposte a problemi di salute mentale.

Conclusione

Lo studio di Wei e colleghi rappresenta un contributo significativo alla costruzione di un approccio preventivo, evidence-based e personalizzato alla salute mentale in ambito universitario. Il nomogramma sviluppato consente di identificare con anticipo gli studenti maggiormente a rischio, offrendo alle istituzioni educative uno strumento per attivare strategie di intervento mirate.

In un contesto in cui i disturbi depressivi rappresentano una delle principali cause di abbandono degli studi e di compromissione del capitale umano, investire in strumenti predittivi e modelli di prevenzione non è solo una scelta etica, ma anche una decisione strategica. Integrare queste evidenze nella progettazione di servizi di supporto psicologico e nelle politiche di welfare universitario può contribuire in modo sostanziale al benessere degli studenti e, più in generale, alla qualità dell’istruzione superiore.

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