Approfondimento

Studiare al tempo delle notifiche. Che impatto hanno le distrazioni digitali sulla capacità di concentrarti?

Pubblicato il

20 agosto 2025

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Al giorno d’oggi la concentrazione è una risorsa preziosa, sottoposta a continue sollecitazioni.

Le notifiche che compaiono sullo smartphone sottoforma di suono, vibrazione e/o pop-up, richiamano la nostra attenzione in modo continuo, rompendo il flusso del pensiero e della concentrazione. Pur durando pochi secondi, esse aprono uno spiraglio nella mente che favorisce la dispersione dell’attenzione.

Un esperimento che lo dimostra è quello condotto da Cary Stothart, Ainsley Mitchum e Courtney Yehnert del Dipartimento di Psicologia della Florida State University: gli studenti che ricevevano una notifica mostravano peggiori prestazioni in un compito che richiedeva loro attenzione continua sia che interagissero con il telefono per chiamate e messaggi sia che non lo facessero (PubMed).

Ciò suggerisce che il semplice segnale, notifiche brevi ma presenti, scatena ulteriori flussi di pensiero che riducono la capacità di rimanere concentrati su un compito, come la lettura di un testo universitario.

Erosione dell’attenzione? Sì sul breve periodo.

Il fenomeno non riguarda solo le interruzioni evidenti, ma anche qualcosa di più sottile: la sola presenza fisica del telefono può ridurre le prestazioni cognitive.

L’indagine di Bill Thornton, Alyson Faires, Maija Robbins, ed Eric Rollins, riportata nella rassegna di Henry H. Wilmer, Lauren E. Sherman e Jason M. Chein (Frontiers), ha rilevato che chi svolgeva test neuropsicologici complessi otteneva risultati peggiori con la sola presenza di un telefono cellulare sulla scrivania. Sui compiti più semplici, invece, le prestazioni dei soggetti erano simili, indipendentemente dalla posizione del dispositivo.

Sebbene vi siano evidenze chiare che l’interazione con gli smart devices possa avere un impatto immediato sui compiti cognitivi in corso, le prove relative a effetti a lungo termine delle abitudini legate all’uso dello smartphone sulla funzione attentiva sono ancora scarse e, in parte, contraddittorie.

La letteratura è dominata da studi di tipo correlazionale e da autovalutazioni soggettive. Inoltre, nei casi in cui sono state utilizzate misurazioni più controllate delle prestazioni attentive, ad esempio nello studio del media multitasking, i risultati sono risultati eterogenei, con alcuni studi che hanno persino rilevato una relazione positiva con la capacità di filtrare le distrazioni.

Influenza su memoria e capacità di rimandare le gratificazioni

Le ricerche che indagano le relazioni tra l’uso dello smartphone e la capacità di memorizzare e apprendere sono ancora limitate. Le evidenze disponibili mostrano che, quando ci affidiamo agli smartphone, tendiamo ad apprendere e ricordare meno rispetto alle esperienze vissute.

Cosa che potrebbe succedere anche utilizzando un altro mezzo di “esternalizzazione della memoria” più analogico come un semplice blocco note. Tema da approfondire in future ricerche, affermano gli autori dello studio.

Analogamente a quanto evidenziato per attenzione e memoria, anche i dati sugli effetti dell’uso dello smartphone sul sistema di ricompensa e sulla capacità di rimandare la gratificazione sono piuttosto scarsi. Attraverso la realizzazione di scansioni cerebrali prima e dopo un’esposizione intensa e prolungata alla gratificazione immediata offerta dai dispositivi elettronici, i neuroscienziati potrebbero eventualmente rilevare se siano avvenute modifiche nella connettività cerebrale.

Do not disturb challenge

Martin Pielot e Luz Rello (Association for Computing Machinery) hanno condotto un interessante esperimento con 30 volontari che hanno disattivato le notifiche su tutti i propri dispositivi per 24 ore.

Sono state confrontate le impressioni soggettive dei partecipanti nella giornata senza notifiche con quelle di una giornata tipo. Dalla “sfida” è emerso un dilemma: in assenza di notifiche i partecipanti si sono sentiti meno distratti e più produttivi, ma meno reattivi di quanto pensassero, il che ha generato ansia in alcuni di loro. Inoltre hanno riportato un senso di disconnessione sociale.

Al termine dell’esperimento, circa due terzi dei partecipanti hanno espresso l’intenzione di modificare il modo in cui gestiscono le notifiche e due anni dopo metà di questi avevano mantenuto il cambiamento.

Strategie per recuperare l’attenzione

Alla luce degli effetti misurabili delle interruzioni digitali sulla concentrazione, alcune strategie possono aiutare a proteggere il proprio tempo cognitivo e recuperare uno spazio mentale più continuo.

Silenziare o disattivare le notifiche, non solo durante lo studio

Come abbiamo visto, diversi studi mostrano che le notifiche, anche se ignorate, generano una “tensione attentiva” che riduce la capacità di concentrazione. Potrebbe essere utile disattivarle stabilmente, non solo durante lo studio, ma per l’intera giornata, riducendo il richiamo costante del cervello verso potenziali “novità”.

Creare spazi e tempi “tech-free”

Tenere il telefono fuori dalla portata visiva, ad esempio in un’altra stanza o in modalità aereo, almeno per blocchi di studio da 30 minuti, permette di proteggere le risorse attentive.

Usare tecniche di concentrazione a intervalli

Tecniche come il Metodo del Pomodoro (25 minuti di lavoro + 5 di pausa) si sono dimostrate efficaci per gestire la fatica mentale e ridurre la vulnerabilità alle interruzioni. Spezzare l’attività in sessioni brevi aiuta anche ad abbassare l’ansia da prestazione, mantenendo alta la motivazione e il senso di controllo.

Affidarsi a strumenti digitali intelligenti

Paradossalmente, alcune app possono aiutare a limitare gli effetti negativi dello smartphone. Strumenti come Forest, Freedom o la Modalità Focus integrata nei sistemi operativi permettono di bloccare temporaneamente l'accesso a determinate app o ritardare le notifiche nei momenti di maggiore concentrazione, seguendo criteri personalizzabili. L’uso consapevole della tecnologia per regolare se stessa può rappresentare una strategia concreta per recuperare il controllo sul proprio tempo.

Gli studi convergono su un punto cruciale: la distrazione non è solo nella reazione, ma anche nell’attesa implicita del segnale.

Lo smartphone rimane una calamita per l’attenzione anche quando non è visibile ma si trova nelle immediate vicinanze. Studiare significa, fra le altre cose, saper resistere alla tentazione dell’interruzione, quindi è fondamentale trovare la strategia più adatta al proprio metodo di studio per mantenere la concentrazione.

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